
Rilevanza della concelebrazione
alla partecipazione la chiesa intera nel’eucaristia
Riguardo alla storia delle concelebrazione abbiamo trovato due forme principali di concelebrazione: ‘silenziosa’ e ‘parlata’. Nei primi secoli del cristianismo non c’era concelebrazione parlata. A questo’epoca riservava concelebrazione ‘mediante gesti colletivi ‘ e ‘silenziosa’ o ‘implicita’. Soltanto il vescovo recita la preghiera eucaristica, mentre i sacerdoti in silenzio, stendono tutte le mani. Quindi i concelebranti non recitano insieme la preghiera eucaristica (Traditio Apostolica cap. 4, Didascalia Apostolorum). Nei secoli seguente piano-piano il rito poi è transformato per il fatto che tutti recitano assieme le parole del canone fissate definitivamente. Dalla concelebrazione ‘silenziosa’ siamo passati alla concelebrazione ‘parlata’, da una concelebrazione ‘gerarcchizata’ ad una concelebrazione quasi ‘sincronizzata’. Tutti i celebranti pronuncino assieme le parole consacratore. Questa viene detta concelebrazione ‘parlata’, ‘formulata’, o ‘esplicita’.
Il movimento liturgico, cominciato all’inizio del secolo XX, favorì la presa di coscienza riguardo alla concelebrazione; cominciarono gli studi storici e teologici che ravvivarono l’interesse alimentando ovunque il desiderio di una sua ripresa. In questo itinerario si collocano e hanno grande importanza gli interventi di Pio XII, il quale ha riproposto la concelebrazione dei vescovi nel conferimento dell’ordine episcopale e ha posto i princìpi dottrinali e disciplinari per la restituzione su vasta scala della concelebrazione eucaristica, prescrivendo che tutti i concelebranti, oltre a porre il gesto della imposizione delle mani, sull’eletto nell’ordinazione episcopale, sui doni nell’Eucaristia, pronuncino le parole della formula sacramentale.
Riguarda la prescrizione di Pio XII che tutti i concelebranti, sia del conferimento dell’ordine episcopale sia della consacrazione eucaristica, pronuncino insieme le parole della formula sacramentale, prescrizione entrata nella riforma liturgica; nel 1957 una risposta del sant’Ufficio ad un Dubium de valida concelebratione dichiarava che per consacrare validamente e per celebrare validamente la messa bisognava che ciascun celebrante pronunziasse le parole della consacrazione.
La prescrizione a tutti i concelebranti di pronunciare le parole consacratorie si comprende con la seguente riflessione: se appartiene alla natura significativa dei sacramenti che coloro i quali compiono un’azione sacramentale lo manifestino chiaramente, con i gesti e con le parole, sarebbe sorprendente che in un’epoca in cui ci si sforza non soltanto di far partecipare i fedeli all’Eucaristia, ma anche di offrire ad essi tutti i mezzi possibili perché manifestino esternamente tale partecipazione liturgica, si operasse poi, proprio per i ministri ordinati, una riduzione dei segni visibili della loro cooperazione in parità con l’azione del concelebrante principale che presiede l’azione liturgica.
Il movimento liturgica si era adoperato attivamente per riscoperta della dimensione comunitaria della concelebrazione liturgica. In questo contesto si era ridestato il ricordo ed erano stati fovoriti gli studi sulla concelebrazione eucaristia in vista di rivalutazione dell’aspetto comunitario e gerarchico della messa. Anche nel corso e dopo il Vaticano II il rito della concelebrazione era riproposto e ripristinato.
Il concilio ha affirmato chiaramente che è da preferirsi la concelebrazione comunitaria a quella induviduale e quasi privata. Ma l’uso della concelebrazione eucristica non per ragioni sentimentali o archeologiche, neppure per motivi puramente contigenti e particolari, ma per ragione teologiche e pastorali. (SC 57, 58)
Sul valore teologico della concelebrazione, il concilio ha inteso esprimere la triplice unità che deriva dall’essenza stessa della messa, ma viene maggiormente significata nella forma concelebrata dell’eucaristia. La concelebrazione è un atto collegiale del sacerdozio, in cui tutti i ministri convergono verso l’unico scacrificio che costruisce la comunità cristiana. Quindi la concelebrazione non petrebbe essere vista soltanto come segno del unita sacerdozio ministeriale, ma anche significa e realizza l’unita di tutto il popolo di Dio.
Sul valore pastorale, la concelebrazione ha certamente contribuito a migliorare la qualita delle celebrazione eucaristiche per aver messo in evidenza sopratutto le summenzionate tre unità: del sacerdozio, del sacrifocio e del popolo di Dio. La concelebrazione, infatti non è soltanto realizzazione dell unita interiore di una comunità o chiesa particolare: ma realizza anche la natura comunitaria della chiesa universale, in cui tutti le chiese hanno loro posto.
Comunque nel questo gesto è mostrato due aspetti importanti: il ruolo del celebrante pricipale e il ruolo della assemblea dei fedeli. La concelebrazione è un atto collegiale. La pluralita di sacerdoti non crea un pluralita di atti sacrificiali, perche i sacerdoti participanti non celebrano ognuno la ‘sua messa’, ma l’unica mistero della chiesa. I sacerdoti recitano insieme al celebrante principale soltanto l parte centrale della preghiera eucaristica ; ascoltano invece o recitano mentalmente le altre preghiere. Quindi con questo modo il nuovo rito ha ben delineato la figura del celebrante principale, cosicchè egli ha un’effetiva presidenza delle celebrazione.
Nel PNMR no 7, abbiamo trovato che il sacerdote ‘presiede’, l’intera comunita presieduta dal sacerdote che ‘celebra’. E in realta chi celebra è l’intera assemblea presieduta del sacerdote. Quindi l’assemblea dei fedeli non presentano come spettatore del spettacolo, ma partecipano attivamente come attore. La costituzione Liturgica ha formulato chiaramente il senso della partecipaczione attiva dei fedeli nei suoi teorici e practici ( SC 14, 30, 48, 50). Tutti i fedeli hanno un officio da compiere nella Liturgia, ed i vari uffici non uterferiscono gli uni con gli altri. Ogni fedele participa alla celebrazioni liturgiche nel modo lui proprio.( SC 28)
In fine può detto che la concelebrazione è una forma che interessa la totalita del azione sacramentale. Una concelebrazione riferita solamente alla confezione dei sacramenti tende a sottolineare l’elemento, certamente necessario del azzione sacerdotale, ma nel medessimo tempo offusca la parte propia del resto dell’assemblea, la quale tutta dubbio ha un ruolo insostituibile per una giusta comprensione del ministero eucaristico. L’eucaristia è l’azione cui participa la chiesa intera, in tutte le sue strutture.
by; Yustinus A. Setiadi
Bibliografia:
Ø AUGÉ, M., «Concelebrazione eucaristica», in Liturgia, ed. D. Sartore – A. M. Triacca – C. Cibien, Torino 2001, 428-438
Ø ————, «Concelebrazione eucaristica», in Nuovo dizionario di liturgia, ed. D. Sartore – A. M. Triacca, Torino 51993, 242-251
Ø NOCENT, A., «La concelebrazione», in Scientia Liturgica 3, ed. A. Chupungco, Casale Monferrato 1998, 307-316
Ø « La concelebrazione eucaristica» in Anàmnesis 3/2, Casale Monferrato 1983, 273 - 277